l'asino e lo zucchero

"L'è cumè dà ul zucur a' l'asen", citava - riprendendo la saggezza popolare - mia nonna lombarda. Dare lo zucchero all'asino, con relativa mancanza di riconoscenza e rischio aggiuntivo di ricevere comunque un sonoro calcio, mi risuona in mente quasi quotidianamente, nella mia esperienza di insegnante.
Alunni esagitati, deconcentrati e insensibili agli stimoli più diversi e variegati; famiglie arroganti, sorde per principio, piene di preconcetti, assolutamente autoreferenziali, pretenziose all'inverosimile, poco o nulla disponibili a confrontarsi e a condividere si moltiplicano. Il tempo in cui chi era semplice si fidava e concedeva una dose di rispetto legittima è ogni giorno più lontano.
Sicuramente il mondo della scuola ha prestato il fianco a critiche con alcune leggerezze e mancanze; rimane il fatto che il modello di vita dominante da un paio di decenni, fatto di prepotenti sicumere e illusorie onnipotenze, restituisce arroganza, mancanza di rispetto, pretenziosità che non conoscono limiti nè frontiere. Con il risultato che ogni atto di disponibilità e servizio fiene snobbato, frainteso, sottovalutato sotto badilate di ignoranza ricoperte di arroganza, prepotenza, pretese illimitate e impossibili.
Di oggi: "mi dovete saper dare l'orario dell'indirizzo musicale a marzo dell'anno precedente perchè io sono già fortunato che lavoro, devo potermi organizzare con tutte i mille impegni di mio figlio, altrimenti non ve lo iscrivo, tanto voi fate le scelte secondo i vostri comodi e interessi e non secondo le mie esigenze".

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