domenica 21 dicembre 2014

per conoscere e capire la musica

Approda a Como, nella prestigiosa sede dell'associazione Carducci, il percorso di guida all’ascolto che ho creato  con il titolo di “Suono e Senso” per rispondere al desiderio espresso da molti di comprendere meglio la musica e i suoi segreti, che tanto riscontro ha avuto dal 2006 a oggi.

Nei quattro incontri scelti attorno agli oggetti sonori, andremo alla scoperta dei processi che permettono all'arte dei suoni di comunicare, suscitare sentimenti, emozioni, stati d'animo: un viaggio attraverso i mezzi che ci danno il suono, dalla voce, il veicolo di espressione musicale più intimamente umano, al mondo degli oggetti sonori, gli strumenti musicali creati nella nostra cultura. 





  • In principio era la voce. Per cantar con ogni sorta di strumenti.
  • Corde sonore. Dagli archi alle tastiere
  • Il suono è nell’aria I. Ance e Ottoni
  • Il suono è nell’aria II. L’organo, re degli strumenti

dal 20 gennaio al 10 febbraio 2015, il martedì alle 17.45

la sede centenaria dell'associazione Carducci.di viale Cavallotti a Como
(tel. 031.277365, www.associazionecarducci.it ) nella foto dell'amico Carlo Pozzoni

mercoledì 3 dicembre 2014

ci risiamo col flautino...

Ogni tanto (ma tanto, in realtà: sarebbe giusto che si parlasse di educazione con la musica assai più frequentemente!) qualche augusto personaggio si sovviene della condizione della musica a scuola e pontifica usando come facile generalizzazione lo sparare a zero sui flautini o decretando che i metodi sono sbagliati. Poi quacuno su un social se ne accorge e sbatte in prima pagina sentenze altrettanto lapidare, magari datate come quella di Morricone di oltre 2 anni fa, e dà la stura ai commenti più insulsi tipici del fare blog italico. Che portano a galla unicamente la realtà vera: disinformazione totale, ignoranza diffusa nei confronti della realtà oggettiva, occhio puntato scandalisticamente solo sulle storture e lacune (che ci sono, eccome, ma insieme al buono), nulla o quasi vera iniziativa per capire e migliorare la situazione.
Quando si arriverà una volta per tutte a parlare di musica a scuola in modo serio, competente, professionale e scientifico, moderno e aggiornato?
La moderna pedagogia della musica in Italia è attiva da quasi mezzo secolo. Programmi e indicazioni nazionali per la scuola primaria e secondaria ne riportano, fortunatamente, i fondamenti. Poi c'è un Conservatorio in larga parte rimasto se stesso, sordo al nuovo, Araba Fenice rispetto a riforme, realtà contemporanea e reali bisogni, che va di pari passo con un potere dei media che, fra globalizzazione commerciale e mitizzazione di false eccellenze diseducative, disincentivano e contrastano ogni giorno il far musica a scuola in modo organico, competente, supportato da mezzi quali ore specifiche, laboratori, strumentario, formazione e aggiornamento dei docenti. 

In Italia ci sono Indicazioni nazionali di buon livello pedagogico, 2 ore alla settimana di musica che possono diventare 5 nelle SMIM (in Francia 1 ora a settimana e morta lì), 130 Licei musicali nuovi di zecca, bienni di specializzazione abilitanti negli istituti di alta formazione universitaria.

In Italia nessuno forma istituzionalmente i docenti per educare con la musica fino a 11 anni; ci si rifiuta di creare le classi di concorso per i nuovi Licei musicali; si taglia la possibilità di fare laboratorialità nelle secondaria di primo grado e si elimina la parola musica dalla secondaria di secondo grado; non esiste una programmazione per l'aggiornamento dei docenti e la formazione dei nuovi ricade sui singoli istituti di alta formazione, dove può capitare che in un biennio di specializzazione ti concentrano le materie pedagogiche in due mesi alla fine del corso perchè non si volevano trovare i docenti.

Questo siamo noi, nel bene e nel male. I soloni si mettano a leggere la realtà e a compiere uno, anche un solo gesto utile; gli altri aiutino chi già opera bene a crescere e condividere.
In un tempo di comunicazione vertiginosamente ricca e facile, che aiuta mostruosamente nella attività di insegnante di musica, mi ritrovo a constatare un individualismo tanto diffuso quanto improduttivo; a volte rimpiango i tempi in cui, con molto meno, l'associazionismo professionale diffuso consentiva incontri, confronto, voglia di crescere e sperimentare.
Quando si smetterà di sparare sul flautino solo per far fumo e si faranno atti concreti, valorizzando tutto il buono che c'è e aiutando la pedagogia della musica italiana a proseguire il suo corso con fatti concreti?

venerdì 29 agosto 2014

Sul diritto all'eccellenza fra Conservatori e riforma degli studi musicali

Nel numero di settembre 2014 di Suonare news, l'interessante rivista diretta da Filippo Michelangeli, il pianista Roberto Prosseda pubblica alcune "Riflessioni sui Conservatori italiani" dal titolo "Il nostro diritto all'eccellenza".
Mi sono sentito di dir la mia all'amico Filippo Michelangeli con questa lettera.

Caro direttore,

ho letto le Riflessioni del maestro Roberto Prosseda sui Conservatori italiani e sul “diritto all’eccellenza” pubblicate nel numero di Suonare news di settembre 2014 e non ho saputo resistere dallo scrivere le righe di “controriflessione” che seguono. Il dibattito su didattica della musica, eccellenze, insegnamento musicale da troppo, troppo tempo si aggroviglia su posizioni tutte italiane che, però, vanno dipanate perché si abbia a riflettere con consapevolezza e obiettività. Ci tengo, perciò, a sottoporre alla tua e nostra rivista un punto di vista diverso, sperando di offrire un contributo utile a completare il quadro.

Premetto che condivido pienamente e con convinzione tutta la premessa di Prosseda sulla serietà e delicatezza della formazione del musicista, sulla profondità del rapporto fra allievo e docenti, sulla necessità di dedizione e metodo. Dove inizio a non ritrovarmi, è sulla la lettura dello stato dell’arte degli studi musicali in Italia e sull'attuazione, ormai quasi ventennale, della riforma. Vedo in varie parti dell’intepretazione di Prosseda la posizione "dalla parte del Conservatorio" cui se ne deve affiancare un’altra, non certo nuova o isolata.

La prima chiarezza va fatta sui numeri, chesono oggettivi e hanno il loro peso nel discorso. Nell’articolo si evoca al Conservatorio la necessità, in “molti casi” a tutt’oggi, di essere scuola di avviamento alla musica, affermando che la diffusione di SMIM - le Scuole medie a indirizzo musicale - e dei Licei musicali pur freschi di istituzione, è insufficiente. Disomogenea, può essere, anzi sicuramente: ma, dati alla mano, rispetto alla cinquantina di Conservatori italiani, i corsi SMIM attivi sul territorio nazionale sono oltre 1400 e gli Istituti superiori sedi di Liceo musicale (dati CNAFAM)  113, di cui 102 statali e 11 paritari.

Se i Conservatori vogliono essere scuole di musica per avviare allo studio di uno strumento giovani e giovanissimi, oggi, è dunque spesso per scelta propria, non per bisogno insostituibile. Bisogno occupazionale? Bisogno di evocare a sé la sola ricerca delle eccellenze?

Il ragionamento, allora, si sposta sul fronte delle finalità formative dei rispettivi ordini di scuola. La SMIM, come indicato nei Programmi istitutivi del 1999, ha da essere educativa e formativa: il suo mandato è quello di iniziare a costruire la formazione della potenziale eccellenza, garantendo di impegnarsi a coltivarla con attenzione, tanto quanto di un amatissimo ragazzino diversamente abile. Un atteggiamento pedagogico che richiama maggiori, più ampie e diverse responsabilità e competenze pedagogiche, senza escluderne nessuna ,e che semmai conduce a ragionare sul successivo punto toccato da Prosseda, la formazione, la mentalità e il reclutamento degli insegnanti. Lì si gioca la vera partita che va chiarita definitivamente. Dal mio punto di vista, lo faccio con un esempio di esperienza vissuta.

Sono stato per qualche anno supervisore di tirocinio nei Bienni di secondo grado per la formazione dei docenti di Musica e Strumento musicale in Conservatorio. Lì ho conosciuto giovani appassionati che hanno studiato la didattica generale e specifica musicale e strumentale, hanno accresciuto la passione e le competenze per l’insegnamento: vari di loro oggi sono già al lavoro a tempo indeterminato, passati “di ruolo” ben prima di colleghi di altre classi di concorso. In quegli stessi corridoi di Conservatorio dove prestavo il mio compito, ho anche ascoltato più volte la voce di docenti dell’Istituto di Alta Formazione che, senza troppe remore, sparava a zero nei confronti delle presunte incapacità formative didattiche e pedagogiche degli insegnanti delle SMIM, tacciati di non impostare correttamente, di mandare dopo le medie in Conservatorio alunni non adeguatamente avviati al percorso d’eccellenza o addirittura impreparati. Come se solo all’ambiente del Conservatorio e ai suoi formatori fosse dato di condurre a maturazione la professionalità o la potenziale eccellenza degli allievi.

Forse, in parallelo, ci si potrebbe chiedere perché e a vantaggio di chi, a livello istituzionale, non si stia provvedendo a stabilizzare in tempi brevissimi e definitivamente la selezione e il reclutamento dei docenti di discipline musicali nei Licei musicali: compiuto adeguatamente il quale, arriverebbero (e io auspico, arriveranno) ai Conservatori quegli alunni diciottenni, già adeguatamente  formati, con competenze tali da completare gli studi in un ambiente di eccellenza conclusivo, che si chiami universitario, di alta formazione, conservatoriale o quant’altro. Chi non crede a ciò è abbarbicato alla mentalità, dura a morire,che vuole per forza e solamente una Scuola di formazione musicale autoreferenziale, che si sente depositaria unica del suo Sapere, ma sempre più estranea alla realtà. Al contrario di studi su “doti musicali e problemi educativi” come quelli di Johannella Tafuri, di rilevanza internazionale e pubblicati sulle enciclopedie, assodati da tempo.

Prosseda cita il reclutamento alla Hochschule di Lipsia del 1843; sarebbe semmai interessante dare una panoramica sui sistemi di reclutamento negli Istituti universitari musicali d’Europa degli anni 2015! Solo poi, a mio parere, si potrà parlare del reclutamento dei docenti del Conservatorio, dei metodi di valutazione delle capacità didattiche, professionali e di relazione. Non basta saper suonare per saper insegnare, siamo d’accordo: mi chiedo che dire, allora, della figura di un docente a contratto indeterminato in Conservatorio con un pari contratto in un’orchestra. Al di là del “doppio ruolo” sindacale di cui alla Legge Boniver o della legittima possibilità di far lavorare qualche giovane meritorio in più, è legittimo porsi con buon senso la domanda se non sia di 24 ore anche la giornata della potenziale, eccelsa figura di un artista e docente che dovrebbe studiare e preparare adeguatamente ciascuna delle due attività.

Torno ad essere d’accordo, in conclusione, con Roberto Prosseda sulla necessità di concorsi interni per esami, che valutino eccellenza didattica e musicale. A quel punto la professionalità di ogni docente, a qualsiasi dei livelli di formazione si trovi, dalla scuola di base al perfezionamento, saprà far crescere adeguatamente i futuri musicisti.

mercoledì 21 maggio 2014

perché non adotterò un libro di testo

Una volta si diceva: facciamo entrare nelle case almeno i libri di testo scolastici, costituiscono un minimo di cultura là dove, purtroppo, non esiste nulla che porti cultura e informazione.
Oggi la tecnologia porta nelle case di tutto comunque e, pur non volendo neppure minimamente disconoscere il valore del libro, bisogna accettare che esso non costituisce più il mezzo primo e unico di comunicazione, informazione, apprendimento. Viviamo ormai definitivamente il mondo multimediale, ognuno vive quotidianamente e costantemente connesso a terminali tecnologici di comunicazione.
Ha senso, oggi, proporre a un alunno di età scolare di “venire a scuola” con il libro di testo cartaceo di musica, uno strumento che gli dovrebbe consentire (se non lo dimentica a casa, come avviene sempre più frequentemente) di leggere una o due pagine di quella che è comunque una selezione, quando è abituato nella restante attività comunicativa della giornata a rapportarsi con una relazione multi linguistica, e tenuto conto che la stessa disciplina della quale gli si chiede di fare e conoscere è fatta di suoni, prima ancora che di informazioni?
Mai come oggi il momento di decidere l’adozione del libro di testo di musica mi ha fatto riflettere. I rappresentanti, ricomparsi in sala insegnanti dopo il “gap” del blocco delle adozioni, sono tornati alla carica con strumenti nuovi solo all’apparenza. Il libro cartaceo supportato da sussidi in DVD o, al limite, qualche link a materiali in rete non è più rispondente alla reale esperienza del preadolescente. Da troppi anni dico che l’insegnante e la scuola che si presentano arretrati solo di uno step rispetto alla realtà dell’alunno sono perdenti in partenza.
Ma allora, che fare? Da altrettanti anni sto cercando di attrezzare l’aula di musica, il luogo specializzato dove far vivere ai miei alunni l’esperienza della musica, in modo adeguato. Non solo a livello di spazio ma anche di strumenti (di mezzi e metodi si parlava già nei Programmi del 1979!) che ho cercato di adeguare nei decenni della mia avventura di insegnante. Per cinque anni, fino al termine (imposto, ex abrupto, dal trasferimento conseguente ai tagli gelminiani) della mia esperienza in una scuola a Tempo prolungato, ho smesso di adottare il libro di testo per creare uno strumento – portfolio nato dall’esperienza concreta di fare e ascoltare del gruppo classe e del singolo alunno, con metodo induttivo, stimoli multimediali e sintesi conclusiva scritta (allora, ancora cartacea).
Perciò torno a pensare: di cosa ci sarebbe bisogno, oggi?

Lo spazio e i mezzi

La mia aula di musica non ha banchi. E’ uno spazio flessibile del fare: possiede leggii da terra e sedie con cui disporsi per far musica (spostabili all’occorrenza per mutare disposizioni o addirittura muoversi, gestualizzare) e strumenti - acustici e tecnologici – per ricevere, uditivamente ma anche visivamente. Ascolto significa ricevere la musica, ma anche le informazioni di contesto ad essa correlate, che possono essere dette, lette, comunicate in forma multimediale strutturata mediante qualsiasi tipo di supporto audiovisivo, dalla slide composita al film.
Nelle scuole dove mi è concesso, unisco un impianto di riproduzione del suono adeguato, computer, videoproiettore: software e contenuti sono il “risultato a collage” sempre mutevole e in crescita di una ricerca continua e lunga, spesso complicata, mai definitiva. Ai vecchi dischi di vinile che ancora si conservano in molte scuole, vanno ad unirsi le varie collane di CD, i DVD di supporti didattici e film; la connessione a internet ha aperto più recentemente l’universo dei filmati fruibili in rete, che possono essere convertiti e salvati; la musica la si scrive ormai prevalentemente al computer, così come non si può non tener conto della possibilità molto facile di manipolare tecnologicamente il suono registrato.
Gli anni di esperienza di curricolo verticale in istituto comprensivo mi fanno pensare che la mia è una conquista da condividere. Senza arrivare a pensare (non sarebbe male) alla possibilità di attrezzare uno spazio simile in ogni plesso, mi rendo conto che sarebbe utile che in ogni plesso esistesse un unico strumento flessibile al punto tale da unire con possibilità di utilizzo quanto più facile tutte le funzionalità: la differenza rispetto a qualsiasi comune riproduttore, ovviamente, sta negli applicativi didattici della strumentazione. Un esempio: la possibilità di trasportare con un clic l’intonazione di una base, in modo tale da facilitare il canto.

Dopo il libro

Ecco perché mi viene difficile parlare di libro di testo:  nel 2016 saranno passati 70 anni dalla realizzazione del documentario audiovisivo che portò Benjamin Britten a comporre “The Young person’s guide to the orchestra”, convinto che la musica dovesse essere veicolata didatticamente a partire dal supporto dei supoporti audiovisivi più completi possibile. Sono convinto che ogni classe dove si fa musica, e ogni aula di musica in particolare, debba poter avere un supporto tecnologico integrato, un libro digitale formato da un software composito, integrato e intuitivamente utilizzabile, che dia accesso a un archivio di dati in parte strutturato all’origine, in parte individualizzabile al luogo, alla classe, alla scuola, al docente con riferimenti mirati. Metodo induttivo, globalizzazione e memoria si uniscono in percorsi che arrivano all’universale partendo o passando dal particolare vicini alla propria storia. Il Medioevo si comprende meglio partendo o passando dal monumento romanico che sta vicino a casa, sul territorio prossimo; il Novecento si conosce anche dal racconto di genitori e nonni: lo stesso vale per la musica, dal compositore del luogo a quello che ascoltavano, cantavano, suonavano i nonni, qualsiasi sia la loro origine geografica, per ricondurre all’hic et nunc e riproiettersi poi all’universo mondo presente e futuro, quello che costruiranno gli alunni.
Quali aspetti dovrebbero comporre, nel dettaglio, lo strumento?
1.       L’approccio multilinguistico. Quando “spiego”, io vengo sentito (si spera, ascoltato...) ma anche visto. Nel comunicare la lezione di musica io parlo con differente prosodia; canto, suono; mi muovo, gesticolo, ho una mimica facciale; faccio ascoltare, leggere: se posso altrettanto far vedere, è sicuramente meglio. Già ora cerco di far sì che quante più proposte di contenuto io propongo si presentino come viaggi nello spazio e nel tempo della musica, da compiersi partendo da una porta o finestra virtuale di accesso, rappresentata dal riproduttore multimediale (quando non ho la possibilità di proporre esperienze dal vivo, s’intende: una volta all’anno almeno, l’organo a canne si va ad ascoltarlo e vederlo lì, sul posto, a diretto contatto). La sintesi di quanto appreso - su supporto cartaceo o, perché no, digitale: le diapositive salvate sul sito internet della scuola - è un punto d’arrivo: la scheda da studiare, il pentagramma da mettere a leggìo in classe e a casa (con la parte – variabile - del mio strumento o della mia voce, che non necessariamente deve essere la stessa di tutti!).
2.       Il portale di accesso al viaggio – qui parlo al condizionale, perché ancora da costruire efficacemente - dovrebbe essere qualcosa di inizialmente accattivante, affabulante, poi familiare, tale da consentire una serie ineludibile di azioni, da rapportarsi all’età e alle possibilità di apprendimento dell’alunno e del docente, che elenco.
a.       Leggere e scrivere musica, a partire a un software universale, intuitivo, ovviamente ascoltabile, trasferibile e convertibile (a supporti, in altro formato)
b.      Ascoltare musica vedendo fare la musica dando l’idea di fare ogni volta un viaggio nello spazio e/o nel tempo
c.       Conoscere, approfondire, riflettere a partire da letture, documentari, biografie, proposti con la medesima idea del viaggio
d.      Manipolare il suono tecnologico con le funzioni legate alla corrente tecnologia, dall’approccio creativo all’utilizzo applicativo come basi, colonne sonore
e.      Costituire un archivio di dati tale da poter unire una base di repertorio fondamentale e tutti quegli apporti che l’esperienza, il rapporto con la realtà e il territorio, l’evoluzione, le scelte andranno ad arricchire particolarmente.

Nel Collegio dei docenti di metà maggio ho comunicato che, dal prossimo anno scolastico, tornerò a non adottare il libro di testo edito. Mi piacerebbe condividere questo percorso con chi volesse condividere o supportare le mie idee e il mio metodo, da ogni punto di vista: editoriale, visuale, didattico, di contenuto.

venerdì 16 maggio 2014

c'è sempre musica e musica

1972. La Rai manda in onda "C'è musica e musica" di/con Luciano Berio.
Terza puntata, "Verso la scuola ideale".

"La crisi [•••] è nella scuola in quanto istituzione. Non in quelle persone che sono consapevoli che la scuola è un luogo dove non si imparano nozioni ma [•••] relazioni tra le cose, dove s'impara a trovare queste relazioni e dove s'impara anche a imparare e dove s'impara anche a insegnare agli altri".

Quanto sono attuali, 42 anni dopo, queste parole di Berio!

Da qualche tempo sostengo, molto modestamente, che ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale simile a quello del '68; che, nella scuola,  non ce ne rendiamo conto o non ci troviamo nelle condizioni di rapportarci ad esso; che le novità (terzo millennio, nuova rivoluzione tecnologica, mutate condizioni sociologiche e modus vivendi) richiedono un'apertura e un aggiornamento imponenti. Pena essere peggio di chi allora ci precedette, giacché experientia docet e il Vico c'è stato per qualcosa...

Non facciamoci trovare sprovveduti.

musica,scrittura, armonia, regole, cittadinanza

http://www.bimed.net/lof-article/131-grande-successo-e-partecipazione-al-festival-dei-giovani-scrittori-ii-edizione-di-salerno

Un'esperienza formativa fondamentale,oggi: il percorso di formazione Scrittura, Armonia, Regole, Musica, Cittadinanza di BIMED e il Festival dei giovani scrittori 2014 a Salerno!