perché non adotterò un libro di testo
Una volta si diceva: facciamo entrare nelle case almeno i
libri di testo scolastici, costituiscono un minimo di cultura là dove,
purtroppo, non esiste nulla che porti cultura e informazione.
Oggi la tecnologia porta nelle case di tutto comunque e, pur
non volendo neppure minimamente disconoscere il valore del libro, bisogna
accettare che esso non costituisce più il mezzo primo e unico di comunicazione,
informazione, apprendimento. Viviamo ormai definitivamente il mondo
multimediale, ognuno vive quotidianamente e costantemente connesso a terminali
tecnologici di comunicazione.
Ha senso, oggi, proporre a un alunno di età scolare di
“venire a scuola” con il libro di testo cartaceo di musica, uno strumento che
gli dovrebbe consentire (se non lo dimentica a casa, come avviene sempre più
frequentemente) di leggere una o due pagine di quella che è comunque una
selezione, quando è abituato nella restante attività comunicativa della
giornata a rapportarsi con una relazione multi linguistica, e tenuto conto che
la stessa disciplina della quale gli si chiede di fare e conoscere è fatta di suoni, prima ancora che di informazioni?
Mai come oggi il momento di decidere l’adozione del libro di
testo di musica mi ha fatto riflettere. I rappresentanti, ricomparsi in sala
insegnanti dopo il “gap” del blocco delle adozioni, sono tornati alla carica
con strumenti nuovi solo all’apparenza. Il libro cartaceo supportato da sussidi
in DVD o, al limite, qualche link a materiali in rete non è più rispondente
alla reale esperienza del preadolescente. Da troppi anni dico che l’insegnante
e la scuola che si presentano arretrati solo di uno step rispetto alla realtà dell’alunno sono perdenti in partenza.
Ma allora, che fare? Da altrettanti anni sto cercando di
attrezzare l’aula di musica, il luogo specializzato dove far vivere ai miei
alunni l’esperienza della musica, in modo adeguato. Non solo a livello di
spazio ma anche di strumenti (di mezzi e metodi si parlava già nei Programmi
del 1979!) che ho cercato di adeguare nei decenni della mia avventura di
insegnante. Per cinque anni, fino al termine (imposto, ex abrupto, dal trasferimento conseguente ai tagli gelminiani)
della mia esperienza in una scuola a Tempo prolungato, ho smesso di adottare il
libro di testo per creare uno strumento – portfolio nato dall’esperienza concreta
di fare e ascoltare del gruppo classe e del singolo alunno, con metodo
induttivo, stimoli multimediali e sintesi conclusiva scritta (allora, ancora
cartacea).
Perciò torno a pensare: di cosa ci sarebbe bisogno, oggi?
Lo spazio e i mezzi
La mia aula di musica non ha banchi. E’ uno spazio
flessibile del fare: possiede leggii da terra e sedie con cui disporsi per far
musica (spostabili all’occorrenza per mutare disposizioni o addirittura
muoversi, gestualizzare) e strumenti - acustici e tecnologici – per ricevere,
uditivamente ma anche visivamente. Ascolto
significa ricevere la musica, ma anche le informazioni di contesto ad essa
correlate, che possono essere dette, lette, comunicate in forma multimediale
strutturata mediante qualsiasi tipo di supporto audiovisivo, dalla slide composita al film.
Nelle scuole dove mi è concesso, unisco un impianto di
riproduzione del suono adeguato, computer, videoproiettore: software e
contenuti sono il “risultato a collage” sempre mutevole e in crescita di una
ricerca continua e lunga, spesso complicata, mai definitiva. Ai vecchi dischi
di vinile che ancora si conservano in molte scuole, vanno ad unirsi le varie
collane di CD, i DVD di supporti didattici e film; la connessione a internet ha
aperto più recentemente l’universo dei filmati fruibili in rete, che possono
essere convertiti e salvati; la musica la si scrive ormai prevalentemente al
computer, così come non si può non tener conto della possibilità molto facile
di manipolare tecnologicamente il suono registrato.
Gli anni di esperienza di curricolo verticale in istituto
comprensivo mi fanno pensare che la mia è una conquista da condividere. Senza
arrivare a pensare (non sarebbe male) alla possibilità di attrezzare uno spazio
simile in ogni plesso, mi rendo conto che sarebbe utile che in ogni plesso
esistesse un unico strumento flessibile al punto tale da unire con possibilità
di utilizzo quanto più facile tutte le funzionalità: la differenza rispetto a
qualsiasi comune riproduttore, ovviamente, sta negli applicativi didattici
della strumentazione. Un esempio: la possibilità di trasportare con un clic
l’intonazione di una base, in modo tale da facilitare il canto.
Dopo il libro
Ecco perché mi viene difficile parlare di libro di testo: nel 2016 saranno passati 70 anni dalla
realizzazione del documentario audiovisivo che portò Benjamin Britten a
comporre “The Young person’s guide to the orchestra”, convinto che la musica
dovesse essere veicolata didatticamente a partire dal supporto dei supoporti
audiovisivi più completi possibile. Sono convinto che ogni classe dove si fa
musica, e ogni aula di musica in particolare, debba poter avere un supporto
tecnologico integrato, un libro digitale formato da un software composito,
integrato e intuitivamente utilizzabile, che dia accesso a un archivio di dati
in parte strutturato all’origine, in parte individualizzabile
al luogo, alla classe, alla scuola, al docente con riferimenti mirati. Metodo
induttivo, globalizzazione e memoria si uniscono in percorsi che arrivano all’universale partendo o passando
dal particolare vicini alla propria storia. Il Medioevo si comprende meglio
partendo o passando dal monumento romanico che sta vicino a casa, sul
territorio prossimo; il Novecento si conosce anche dal racconto di genitori e
nonni: lo stesso vale per la musica, dal compositore del luogo a quello che
ascoltavano, cantavano, suonavano i nonni, qualsiasi sia la loro origine
geografica, per ricondurre all’hic et
nunc e riproiettersi poi all’universo mondo presente e futuro, quello che
costruiranno gli alunni.
Quali aspetti dovrebbero comporre, nel dettaglio, lo strumento?
1.
L’approccio multilinguistico. Quando “spiego”,
io vengo sentito (si spera, ascoltato...) ma anche visto. Nel comunicare la
lezione di musica io parlo con differente prosodia; canto, suono; mi muovo,
gesticolo, ho una mimica facciale; faccio ascoltare, leggere: se posso
altrettanto far vedere, è sicuramente meglio. Già ora cerco di far sì che
quante più proposte di contenuto io propongo si presentino come viaggi nello spazio e nel tempo della
musica, da compiersi partendo da una porta
o finestra virtuale di accesso, rappresentata dal riproduttore multimediale
(quando non ho la possibilità di proporre esperienze dal vivo, s’intende: una
volta all’anno almeno, l’organo a canne si va ad ascoltarlo e vederlo lì, sul
posto, a diretto contatto). La sintesi di quanto appreso - su supporto cartaceo
o, perché no, digitale: le diapositive salvate sul sito internet della scuola -
è un punto d’arrivo: la scheda da studiare, il pentagramma da mettere a leggìo
in classe e a casa (con la parte – variabile - del mio strumento o della mia
voce, che non necessariamente deve essere la stessa di tutti!).
2.
Il portale di accesso al viaggio – qui parlo al
condizionale, perché ancora da costruire efficacemente - dovrebbe essere
qualcosa di inizialmente accattivante, affabulante, poi familiare, tale da
consentire una serie ineludibile di azioni, da rapportarsi all’età e alle
possibilità di apprendimento dell’alunno e del docente, che elenco.
a.
Leggere e scrivere musica, a partire a un
software universale, intuitivo, ovviamente ascoltabile, trasferibile e
convertibile (a supporti, in altro formato)
b.
Ascoltare musica vedendo fare la musica dando
l’idea di fare ogni volta un viaggio nello spazio e/o nel tempo
c.
Conoscere, approfondire, riflettere a partire da
letture, documentari, biografie, proposti con la medesima idea del viaggio
d.
Manipolare il suono tecnologico con le funzioni
legate alla corrente tecnologia, dall’approccio creativo all’utilizzo applicativo
come basi, colonne sonore
e.
Costituire un archivio di dati tale da poter
unire una base di repertorio fondamentale e tutti quegli apporti che
l’esperienza, il rapporto con la realtà e il territorio, l’evoluzione, le
scelte andranno ad arricchire particolarmente.
Nel Collegio dei docenti di metà
maggio ho comunicato che, dal prossimo anno scolastico, tornerò a non adottare
il libro di testo edito. Mi piacerebbe condividere questo percorso con chi
volesse condividere o supportare le mie idee e il mio metodo, da ogni punto di
vista: editoriale, visuale, didattico, di contenuto.
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