Il punto di vista dei percorsi formativi dedicato agli insegnanti di materie musicali e la loro specificità Convegno ANFIS Bergamo 28 ottobre 2011
Lo spunto assegnatomi per la riflessione, “Il punto di vista dei percorsi formativi dedicati agli insegnanti di materie musicali, e la loro specificità” contiene involontariamente la storia e il destino degli studi musicali in Italia. Parlare di studi musicali in Italia significa considerare una specificità talmente particolare da isolare la disciplina musicale, rispetto al sistema scolastico italiano complessivo, in una vera e propria diversità: ciò fa del futuro della formazione docente in campo musicale qualcosa da considerare con particolare attenzione, per tutta una rete di aspetti fra loro interconnessi.
Ormai da quasi mezzo secolo si fronteggiano nella Scuola italiana due diversi fronti:
· Quello della visione gentiliana dell’arte – convinta che il fare fosse parte meno nobile del sapere, da cui è derivata, per reazione, l’enfatizzazione da parte dell’artista verso l’eccellenza virtuosistica delle abilità (pratiche, esecutive, artigianali) a scapito del sapere completo come sommo valore – che scrisse i Programmi del Conservatorio fra il 1925 e il 1931 e un’architettura scolastica dello studio musicale complementare o facoltativa (il canto corale alle Elementari, l’educazione Musicale facoltativa alle Medie, il Solfeggio e la Storia della Musica nell’Istituto Magistrale; in Conservatorio, la Terza Media e nulla più);
· Quello della visione formativa a tutto tondo della formazione alla musica e con, attraverso la musica, sostenuta sul modello europeo dai didatti (p.e. Carlo Delfrati, Gino Stefani) attivi a partire dalla fine degli anni ’60, che ha portato ai programmi della Secondaria di I grado del 1979, a quelli della Primaria nel 1985, alla trasformazione dei Conservatori in Istituti universitari di Alta Formazione nel 1999 (i Nuovi ordinamenti didattici, in realtà, datano 10 anni esatti dopo) e alla nascita dei Licei Musicali nell’anno scolastico 2009/10.
Il “non ordine” logico – cronologico di queste trasformazioni parla da sé, in termini di coerenza riformatrice (n.b. non c’entrano gli schieramenti politici): intanto che la Scuola italiana dava corpo a una riforma del sistema rateizzata in un quarto di secolo e a rate disomogenee, nel mondo l’opera lirica diventava musical; il canto popolare delle culture e dei popoli del mondo decedeva il testimone alla storia del pop rock e della globalizzazione; passavano la musica futurista, dodecafonica, aleatoria, elettronica, new age, minimalista; si svolgevano almeno tre rivoluzioni tecnologiche e sociologiche coinvolgenti usi e costumi della musica.
Dobbiamo arrivare a oggi, o forse a fra tre anni – con il compimento del primo quinquennio di Liceo Musicale – per parlare giuridicamente di riforma compiuta del curricolo di studio musicale in Italia (musica disciplina curricolare nella scuola primaria e secondaria, specificità ad indirizzo musicale negli Istituti comprensivi, Liceo Musicale, Alta Formazione Musicale a struttura universitaria); meno facilmente riusciamo a pensare un tempo in cui il senso profondo di questa riforma sarà convinzione profonda dell’ambito formativo musicale, dal momento che quella dicotomia che abbiamo teorizzato all’inizio è ancora fortemente presente nel mondo dell’insegnamento musicale italiano e continua a condizionare in diversi modi il compimento armonico della riforma di tutto l’impianto formativo musicale. Parte da qui anche la storia recente dei percorsi formativi dedicati agli insegnanti di materie musicali, fatta di luci e ombre, di acuti e ancora qualche dissonanza, qualche stecca: ecco perché, per guardare al futuro - prossimo e non solo - della formazione docenti, serve innanzitutto rileggere questa partitura recente.
Il passato recente. La chiusura delle Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario data 2008/9. Chi parla ha svolto il suo incarico di Supervisore di Tirocinio nel primo Biennio di Formazione Docenti per le classi di concorso A31 32 istituito nei Conservatori di Musica – Istituti di Alta Formazione Musicale nel biennio (DM 137 28 settembre 2007) 2007/9 e per la classe di concorso A77 nei due Bienni autorizzati per il ciclo 2008/10 e 2009/11. Al di là del fatto che, coerentemente dal punto di vista ministeriale (un po’ meno da quello dei corsisti) i neoabilitati negli ultimi due bienni non sono stati inseriti nelle GaE, pur mantenendo il riconoscimento del titolo abilitante (commi 20 e 21 dell’art. 15 DM 249 10 sett 2010), il più ottimista dei benpensanti continua a pensare che questi due Bienni formazione docenti siano stati autorizzati a fronte di un bisogno di docenti A77. C’è bisogno di docenti A77, in Lombardia? Forse sì. Anche se con fatica, la nostra regione può vantare l’autorizzazione all’apertura di nuovi corsi di Scuola secondaria di I grado ad indirizzo musicale, pur nel novero delle difficoltà e dei misurati contingenti provinciali. Con la speranza che i giovani e competenti abilitati non perdano possibilità nei meccanismi delle Graduatorie d’Istituto, trovando poi il giusto ruolo (in tutti i sensi) rispetto al nuovo che avanza, TFA e Riforma del reclutamento.
Il futuro immediato, parte 1. in un blog legato all’educazione musical la scorsa settimana si leggeva quasta laconica opinione: “i TFA in Conservatorio non ci saranno e che ci saranno quindi solo quelli delle Università (..):è tutto da valutare se perchè di principio si pensa che questi siano di competenza delle Università, se invece sia perchè di posti di Musica non ce ne sono”. I contatti personali presi da chi parla a ridosso della scadenza del 7 ottobre con Direttori e/o docenti nei Dipartimenti di Didattica della Musica dei Conservatori di Musica – Istituti di Alta Formazione Musicale lombardi già sedi di Bienni di Formazione Docenti DM 137 in merito a proposte di attivazione di Lauree Magistrali hanno avuto risposte sfuggenti, ondivaghe (o non risposte). Lettura di una non urgenza del problema (GaE provinciali chilometriche per la classe A31 32; necessità minime sull’A77), altri e più pressanti problemi interni ai Conservatori, che aumentano la diffidenza verso gli scadenzari burocratici, magari da mettere a confronto fra provenienza ministeriale e derivazione del settore specifico AFAM, credo possano essere cause che hanno portato gli Istituti di Alta Cultura Musicale a disattendere questa scadenza. Concreta sbrigatività, velato disagio nei confronti delle incertezze dell’iter di approvazione della Riforma del reclutamento o segnale di un ripiegare all’antica? Le voci che vogliono alcuni Collegi docenti di Conservatorio ben divisi fra nostalgici rimpianti affinchè si torni ad imparare la vera musica solo lì e responsabili intenti a guardare al futuro sono tutt’altro che fallaci: in ciò rientra anche il recentissimo decreto applicativo sulla doppia frequenza universitaria di cui poco oltre. Il rischio di un distacco fra mondo Alta Formazione Musicale e futuro nei percorsi formativi dedicati agli insegnanti di materie musicali andrebbe, quanto meno, monitorato.
Il futuro immediato, parte 2. Il Liceo Musicale, atteso da sempre in Italia, è realtà dall’anno scorso. Avviare dal nulla un nuovo percorso scolastico secondario superiore non è cosa banale, ancor meno oggi: l’istituzione è arrivata sul fil di lana, il reclutamento dei docenti per il primo anno di è svolto in maniera provvisoria ma complessivamente regolata, per il secondo anno abbiamo assistito in Lombardia a un’ancor più attenta e dettagliata regolamentazione della provvisorietà (una griglia che sciorinava da 6 a 9 punti d’ordine di priorità per compilare la graduatoria di ciascuna diciplina; nota 22 luglio 2011, prot. MIURAOODRLO 7694) riguardo agli otto licei musicali lombardi “Secco Suardo” di Bergamo, “Gambara” di Brescia, “Ciceri” di Como, “Stradivari” di Cremona, “Tenca” di Milano, “Cairoli” di Pavia, “Grassi” di Lecco e “Manzoni” di Varese. A tutt’oggi, in attesa del riordino complessivo, non esistono le classi di concorso per le cinque discipline Esecuzione e Interpretazione, Laboratorio di Musica d’Insieme, Teoria, Analisi e Composizione, Storia della Musica, Tecnologie Musicali. Nella piena consapevolezza che l’iter per la costituzione delle classi di concorso relative rientra nel novero dell’attuazione complessiva della riforma, serve prendere coscienza che, in futuro, dovrà essere programmato e organizzato il percorso formativo dedicato alle discipline specifiche dell’area musicale. Anche in questo caso specifico ritorniamo sulle diversità di atteggiamento pedagogico precedentemente descritte per spezzare convintamente (la cosa, si badi, non è così scontata) una lancia a favore di una linea indiscutibilmente secondari sta: si tratterà di reclutare e formare docenti la cui preparazione artistica, pedagogica e metodologica idonea a sostenere una formazione anche di eccellenza, sia fondata, anzi preceduta da tutte quelle convinzioni che fanno il docente compiutamente coinvolto nella logica educativa, formativa ed organizzativa della Scuola secondaria. Non virtuosi prestati al corso musicale o bensì docenti
Specificità, ma non diversità. La chiusura di questo breve viaggio nella specificità della formazione del docente di discipline musicali non può che concludersi al livello dove si chiude il cerchio, quello accademico (perché non dico universitario? Perché, anche nelle parole, alcune differenze apparentemente sottili sono, in realtà, sostanziali). Il luogo dove si compie la formazione dei futuri docenti di discipline musicali è il Dipartimento di Didattica Conservatorio di Musica, oggi Istituto di Alta Formazione Artistica Musicale appartenente allo specifico Settore del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca denominato AFAM (se solo cliccate la home page del settore Università del sito del MIUR, AFAM è… qualcosa a sé. Anche gli Istituti Universitari, in realtà, possono programmare il medesimo percorso formativo: si pensi ai Dipartimenti di Musicologia delle Facoltà di Lettere, o la Facoltà di Musicologia dell’UniPV con sede a Cremona, i DAMS da Bologna a Torino a Padova e poi Firenze, Roma3, il DaViMus di Salerno, Calabria… Formazione del fare o del sapere? Ancora una volta, le convinzioni possono essere distanti. La dimostrazione sta nella soluzione ad una vexata quaestio nata con il supposto stravolgimento di pensiero che ha creato il Conservatorio – Università: poter ottenere, possibilmente quanto prima a lode e gloria di talentuose, enfant-prodigistiche doti, un Titolo che nel vecchio ordinamento era Diploma di Maestro di Musica (definito in equipollenza di valore pari a una Laurea triennale nell’art. 6 del DL 212 / 2002, purchè con possesso di Maturità superiore) ed oggi, o meglio, dalla Nota 383 del 27 gennaio 2011, sarà solo Laurea triennale a carattere universitario.
Qualche anno fa sarebbe stato definito un ottimo esempio di quadratura del cerchio (non si può comunque essere iscritto in due facoltà universitarie; puoi gestirti una doppia iscrizione che, in realtà, deve prendere la forma di un unico piano di studi organico, nel quale la coincidenza abbia un senso formativo; o fai il medico, o fai il pianista: l’idea di “impara l’arte e mettila da parte” è un istituto pedagogico superato). O forse no, ancora in molte menti di docenti e utenti. L’arte come qualcosa di mai definitivamente inquadrabile, catalogabile, riducibile a schematismi, e pertanto degna di essere lasciata in un luogo magico dove un quindicenne per le sue preclare abilità esecutive virtuosistiche deve poter reclamare un sigillo (Certificato di competenze?) del valore di un Diploma di Laurea perché è stato così per cent’anni, salvo verificare che nel resto d’Europa compresi Paesi dalla tradizione musicale ponderosa come la Russia tutto ciò non accade da mai. Di fronte a ciò è lecito porsi domande sul reclutamento e sulla formazione dei docenti di Conservatorio, che potranno essere, poi, i formatori dei docenti di Musica nella Scuola di base, di discipline musicali specifiche nei percorsi dalla scuola Primaria al Liceo Musicale attraverso la Secondaria ad indirizzo musicale. E forse, perché no, anche nelle realtà ad iniziativa privata che vogliono scegliere di continuare a dare – in modo nuovo – percorsi di formazione musicale paralleli al percorso scolastico ma, comunque, tali da consentire l’acquisizione di competenze certificabili e costituenti prerequisito ad un possibile esito professionalizzante del percorso formativo. Soluzione? Portare con noi il valore di quelle specificità del passato e della tradizione che ancora sono credibili e utili alla formazione umana e tecnica – si badi bene: le “nuove” teorie pedagogiche della didattica musicale di base per tutti hanno ormai quasi cent’anni! Non sono anch’esse tradizione?), indirizzandoci in modo definitivo e convinto verso l’architettura della formazione musicale che crede nell’inserimento armonico dentro il sistema formativo generale, in una pedagogia che non penalizzi l’eccellenza ma ne curi la crescita armonica ed equilibrata, che consenta la formazione di docenti preparati in modo altrettanto armonico ed equilibrato a trasmettere le specificità della disciplina musicale quanto ad essere consapevolmente parte del segmento educativo e formativo nel quale vanno ad inserirsi con una lettura saggia della nostra storia e orecchio attento al presente e al futuro così mutevoli e coinvolgenti. Nello specifico tecnico: presenza ponderata di Trienni di formazione fra Conservatori e Università, cura del rapporto con la realtà scolastica per la selezione dei tutor, rinnovata attenzione alla formazione e selezione dei docenti dell’ultimo segmento, quello universitario.
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