gli esami in Conservatorio son tornati
Messi alla porta dalla recente riforma degli studi musicali, rientrano dalla finestra sotto forma di “esami di certificazione, aperti anche a studenti esterni”. Vera innovazione pedagogica o rinnovo di facciata?
L’avvio dei Licei Musicali statali del 2010 e il relativo
completamento della riforma degli studi musicali in Italia – durata oltre dieci
anni per la sua completa attuazione, dopo essere stata invocata e attesa da più
parti per qualche decennio – è avvenuto con una grande lacuna nel sistema di
istruzione e formazione alla musica del nostro Paese: la mancanza un indirizzo
chiaro sulla possibilità di valutare e certificare la preparazione degli
studenti di musica nel loro cammino di studi dall’inizio all’Università. Nel
giro di pochi mesi il sistema musicale
nostrano, orfano del vecchio impianto che prevedeva la possibilità ai molti
studenti di musica estranei ai Conservatori di sostenere esami di compimento di
segmenti di studio progressivi (peraltro riferiti a programmi classici
risalenti al 1930), ha dovuto guardare in volto alla realtà di non essersi mai
organicamente occupato di declinare in modo moderno il curricolo pedagogico
degli studi musicali e di specificare metodi di valutazione e modalità di
certificazione delle competenze progressivamente raggiunte dagli studenti di
musica. Un vuoto di pensiero che, escludendo isole particolari come i corsi ad
indirizzo musicale inseriti nelle Scuole medie statali fin dai primi anni
Ottanta, risultava tanto incomprensibile nel quadro formativo nazionale quanto
sconsolatamente reale.
Esclusa – nell’ambito di una Scuola dell’autonomia in auge
dalla fine anni Novanta – l’idea che un’indicazione generale potesse essere calata
dall’alto, per normativa ministeriale, i Conservatori, già vicini alla scadenza
che imponeva loro di declinare l’articolazione degli studi di quello che, di
fatto, era diventato il segmento di studi accademico, ma per nulla rassegnati a
perdere in toto la fascia di studi
iniziale, con l’offerta di un “ampliamento dell’offerta formativa” attraverso i
corsi di studio “pre-accademici” paralleli alla proposta musicale statale di
scuola Secondaria, hanno iniziato a diffondere Programmi di studio relativi al
periodo di studi iniziale e aperto anche
a studenti esterni al Conservatorio la possibilità di sostenere gli esami di
valutazione di fine periodo e ottenere la conseguente certificazione delle
competenze acquisite.
Nulla di male, fin qui: una risposta all’indiscutibile
bisogno di valutazione del livello di preparazione raggiunto dagli studenti di
musica di qualsiasi formazione era, come minimo, doverosa, atto dovuto di una
normale programmazione pedagogica degli anni Duemila. Se non fosse che i tempi
e i modi di attuazione lasciano il dubbio che questa risposta sia più
sbrigativo bisogno del Conservatorio di attestarsi in un primato di
autoreferenziale superiorità che l’atteso completo ed approfondito aggiornamento
da consegnare a scuole, docenti e allievi degli anni dal 2010 in avanti
relativamente a metodologie, programmi, repertori, generi e stili
corrispondenti alle potenziali competenze raggiungibili dagli allievi musicisti
di fascia d’età fino al 18 anni.
Per argomentare ciò bisogna spostare l’attenzione sui
programmi, che nelle certificazioni internazionali prendono il nome di Syllabus.
A cominciare dal fatto che quello di un Conservatorio è “un” Syllabus: non è programma nazionale, può essere diverso da
quello della provincia limitrofa, non ha alcun valore legale spendibile, può
far riferimento a “un certo” curricolo formativo e di repertorio non dico
universale ma neppure necessariamente completo (Solo una visione
preminentemente classica?Quand’anche,
perché certi studi e repertori classici
e non altri di pari livello? Nuovi programmi, frutto di un’analisi storico
metodologica moderna, o riciclaggi grossolani dei Programmi R.D.1930? Se un
allievo, nel mondo globalizzato d’oggi, si costruisce abilità tecniche pari o
superiori su un repertorio diverso da quello indicato dal Syllabus di quel tal
Conservatorio, non può avere le competenze certificate?). Continuando su questa linea, si potrebbe
argomentare che qualsiasi agenzia di formazione potrebbe articolare un proprio
Syllabus e rilasciare certificazioni di competenza: ammesso che buona parte
delle agenzie libere e private non trovino la voglia e non riescano a
supportare il peso di ricerca e organizzativo di elaborare un Syllabus (ma non
è detto), viene da pensare che l’ambito della Scuola Secondaria statale di
primo e secondo grado, ovvero Corsi ad indirizzo musicale ex SMIM e Licei
Musicali abbiano tutto il diritto di formulare propri Syllabus e certificare l’acquisizione
di competenze; tra l’altro, questi ordini di scuole rispondono a Indicazioni
nazionali se non addirittura a vere e priprie indicazioni programmatiche
nazionali come quelle tuttora vigenti nel decreto di riconduzione a ordinamento
delle SMIM del 1999.
Non volendo pensare
ad un “divide et impera” da parte dei
Conservatori, vedo come urgente il fare
molta chiarezza nei confronti dell’ambiente formativo musicale: alunni,
famiglie, istituzioni pubbliche o libere / private che siano hanno il diritto
anche in questa fase transitoria e liberamente autonoma di essere chiaramente
informati e capire.
Dopo di che, come membro di una recentemente costituita
Commissione di supporto all’indirizzo musicale statale per la Provincia di
Como, mi piacerebbe pensare, oltre all’intenzione di lavorare su un Syllabus,
di poter condividere studio ed elaborazione a livello verticale. Sempre che
l’unitarietà e la progressività del curricolo formativo musicale dei nostri figli
ed oltre interessi a tutti gli operatori a tutti i livelli.
Commenti
Posta un commento