terzo millennio e nebulizzazione musicale
Il terzo millennio è il tempo
della nebulizzazione musicale. La globalizzazione e la diffusione fulminea del
suono tecnologico dell’ultimo secolo precedente gli anni Duemila hanno reso
disponibile e popolare l’intero patrimonio musicale umano, generando non
necessariamente una propagazione di crescita ma, più spesso, una
frammentazione; tutto e subito trovano spesso risposta comune in un ascolto
breve, distratto a una proposta musicale nebulizzata. Escludendo gli appassionati
o i patiti delle sempre più numerose nicchie iperspecializzate, chi ascolta si abbandona
alla proposta imposta dai media, con un’autodifesa inconscia fatta di zapping perenne: modello lampante è quello dei preadolescenti
che, con la frenesia propria dell’uso dei mezzi informatici, spizzicano le compilation memorizzate nei loro apparecchi senza raggiungere
mai l’ascolto intero di un brano da 3 minuti. Va da sé che i preadolescenti del
momento saranno adulti nel giro di un decennio: come non chiedersi che tipo di
ascoltatore musicale sarà l’adulto europeo degli anni 2020?
La domanda riverbera
immediatamente sul mondo della scuola, della formazione musicale fino al
livello professionale, per arrivare a quello occupazionale del musicista. Tanto
per citare cosa italiane, Filippo Michelangeli nell’editoriale del mensile Suonare di settembre 2013 interviene nella polemica estiva
seguite all’esternazione del pianista
ridens Giovanni Allevi (“Credo che in
Beethoven manchi il ritmo”) rimproverando al mondo accademico di saper
rispondere ad ovvietà con altrettanta ovvietà unita all’ipocrisia di una parte del modo della “classica”. Mentre scrivo, a proposito di pianisti (grandi), l’anima
bella di Glenn Gould mi sorride sorniona con il suono del “suo” Bach: intanto, il mondo dell'istruzione e formazione musicale italiano sembra anestetizzato e disperso.
Che fare, in questa
nebulizzazione? L’avvenire è perdersi nella nebbia? Lasciare che tutto vada
come deve andare, affidando al destino che lo stillicido sonoro (diffuso da
qualcuno, comunque: chi? perché? con quale scopo? La musica è anche questo) possa
fertilizzare l’humus che sta in ciascuno o far semplicemente venire i
reumatismi, a seconda del caso? Oppure ci sono margini per un’ecologia della
musica anche nei confronti di questa condizione, creando occasioni di presa di
consapevolezza, riflessione, approfondimento, scelta cosciente?
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