TOSCANINI SUL LARIO. MUSICA, SENTIMENTO; PASSIONE
Nel 150° anniversario della nascita, il mio ricordo di Arturo Toscanini sul Lario: musica e passione fra il 1919 e il 1921.
www.laprovinciadicomo.it, Cultura comasca, 19 marzo 2017
www.laprovinciadicomo.it, Cultura comasca, 19 marzo 2017
Lo sguardo penetrante, da sotto la tesa del cappello ben
calcato in fronte, è il tratto che ci restituisce al meglio il carattere di
Arturo Toscanini nei suoi giorni di presenza a Como. L’immagine del maestro
poco più che cinquantenne, fissata all’ingresso della dimora dell’architetto
Federico Frigerio fra ammiratrici e colleghi, ci riporta ai tre concerti
trionfali diretti da Toscanini al Teatro Sociale nell’arco di due anni, fra il
1919 e il 1921. Eventi che si collocano fra i più rilevanti della storia del
teatro comasco, incastonati in un momento altrettanto intenso della carriera di
colui che James Levine ha definito il “più durevolmente grande direttore” del
Novecento.
La fama di Toscanini, all’inizio degli anni Venti, era ormai
consolidata a livello internazionale: la figura del direttore d’orchestra
italiano che non si occupava solo d’opera lirica ma proponeva e diffondeva il
repertorio sinfonico nel senso più vasto del termine era cresciuta senza sosta,
da quando, partito dalla sua Parma, si era alzato dalla fila di diciannovenne
violoncellista e secondo maestro del coro in tournée in Sudamerica per salvare
un’Aida, dirigendola tutta a memoria.
A cinquant’anni d’età, Toscanini per tutto il mondo musicale era l’interprete
dall’orecchio e dalla memoria fuori del comune, rigorosamente fedele alla
partitura, severo, burbero e intransigente quanto capace di ottenere velocità e
brillantezza di suono non comuni.
Chiamato a far risorgere le sorti del Teatro alla Scala dopo
la Grande Guerra, Toscanini aveva escogitato soluzioni di autofinanziamento
innovative, fra cui la creazione della nuova Orchestra Toscanini: una compagine
da lui composta selezionando i migliori strumentisti italiani e destinata a
compiere una tournée fra Italia e Stati Uniti d’America divenuta storica.
Ma cosa spinse Toscanini ad accettare per ben tre volte
l’invito di Pro Como, Comitato
d’Assistenza Civile e Consiglio direttivo del Club Musicale di far tappa al Sociale, rivolgendo – parola del recensore
dell’Ordine, dopo il primo concerto del 22 giugno 1919 – “verso Como di una
garbatezza particolare, tanto che non le ha negato quello che non credette
accordare a Parma, Bergamo, Vercelli”?
A pesare era probabilmente la vicinanza al facoltoso pubblico
elvetico; Como si caratterizzava anche per un non comune interesse alla musica
strumentale. In città erano ben due circoli cameristici – il Club Musicale
fondato da Bossi nel Ridotto del teatro e la stagione Pro Cultura Popolare dell’Istituto
Carducci - che non potevano non essere stati preceduti da buona reputazione,
anche nei discorsi di fratellanza iniziatica. Al Carducci, in particolare,
aveva suonato nel 1916 Enrico Polo, primo violino della Scala e cognato di
Toscanini. Le sponde del Lario avevano già incuriosito Virgilio Ranzato, spalla
della nuova orchestra toscaniniana. Ma c’è dell’altro. A Como, ospite dei
Frigerio nella bella casa a pochi passi dal teatro, fra l’attuale piazza Roma e
le mura, erano ospiti il compositore Riccardo Pick Mangiagalli e la moglie Elsa
Kurzbauer, destinataria, nella primavera
del 1920, di lettere focose del maestro che non lasciano dubbi su una relazione
dirompente. Occasioni d’arte, profitto e passione intrecciate in riva al Lario
per creare l’occasione unica di altrettanti concerti, destinati a risultare
insuperati, per qualità esecutiva e contenuto musicale.
I programmi proposti dalla Grande Orchestra Italiana nelle
serate al Teatro Sociale di domenica 22 giugno 1919, giovedì 28 ottobre 1920 e
venerdì 10 giugno 1921 risultano manifesti inequivocabili del desiderio di
internazionalizzazione del pensiero musicale, rivolto costantemente alla realtà
italiana e non solo, di cui Toscanini in quegli anni era testimone unico e
modernissimo.
Nel primo appuntamento comasco del 1919, Toscanini propone
un “Trattenimento Sinfonico” che affida ai 100 esecutori della Società
Orchestrale Milanese un’apertura classica affidata alla Sinfonia in re maggiore
di Haydn (il programma di sala specifica essere la n. 4 delle edizioni Breitkopf
& Härtel), quindi l’Ouverture “Leonora” n. 3 op. 72 di Beethoven, “Fontane
di Roma” di Respighi, “L’apprenti sorcier (scherzo)” di Paul Dukas per arrivare
a Wagner con “Vita della foresta (dal Sigfrido)” e Preludio de I Maestri
cantori di Norimberga. Come dire: uno sguardo divulgativo a tutto tondo delle
possibilità del repertorio sinfonico. Il critico dell’Ordine descrive un
Toscanini trasfigurato nel creare i “suoi famosi pianissimo”, un “despota non domesticabile” che “ha sempre finito
col trionfare, coll’imporre la sua volontà penetrata da buon gusto e di somma
reverenza all’arte”.
Con Ottorino Respighi si apre invece l’evento programmato 16
mesi dopo. Toscanini non perde occasione per dar sostegno agli autori italiani
che decidono di aprire le proprie vie al di là della musica per il teatro,
scegliendo quel nazionalismo sano che aleggia ancora nell’arte di quegli anni
creativi. Le “Antiche danze e arie per liuto. Sec. XVI”, ampiamente motivate
musicologicamente dal programma di sala approntato dal Teatro Sociale, vengono fatte
seguire dal Preludio e Rondò Sinfonico di Riccardo Pick Mangiagalli: il
cronista della Provincia si affretta a riferire che l’autore “era in Teatro e
che ha dovuto presentarsi con Toscanini dopo l’esecuzione del suo bellissimo lavoro,
applauditissimo”, annotandone la “splendida prova dell’ingegno brillante e
della cultura soda del musicista” e “il nuovo senza stravaganze”. Completano la
serata, in un Sociale che “non ricorda una maggiore affluenza di pubblico” e
“posti sul palcoscenico con ingresso da via Arena”, “Iberia” di Debussy e una
citazione da “Tristano” di Wagner fra ovazioni e chiamate ripetute.
La possibilità di ascoltare dal vivo repertori tanto
variegati dentro la più originale ricchezza della produzione sinfonica degli
ultimi anni era assolutamente unica. Non va dimenticato che, al di là delle iniziative
cameristiche nel Ridotto, il Sociale di quegli anni era solidamente ancorato
alla convinzione della propria vocazione assoluta di teatro d’opera, con il
suono degli strumenti musicali funzionale
al canto, all’azione teatrale, alla danza o all’evento celebrativo e le
esecuzioni di musica esclusivamente strumentale o assoluta, ammessa per
occasioni eccezionali, grandi eventi particolari, comunque alternativi alla
stagione operistica.
Il concerto al Sociale dell’autunno 1920 risulta particolare
anche per il fatto di costituire l’inizio della trionfale tournée compiuta da
Arturo Toscanini e dalla grande orchestra a lui intitolata, con 133 esecuzioni
in poco meno di 8 mesi fra Italia, Stati Uniti e Canada. Il pubblico accorso al
Sociale si univa a un uditorio complessivo che avrebbe contato oltre 250mila
persone, sui due lati dell’oceano. La grande avventura americana dell’Orchestra
Toscanini entrerà nella storia anche per il fatto che, a dicembre, il maestro
accetterà non senza resistenze (ancora nel ’30 Ojetti riferiva che le parole
del maestro: “Non mi parlate di dischi. Sono un martirio”) di effettuare le sue
prime registrazioni, nello studio di Trinity Church della Victor Talking
Machine Company, nel New Jersey. Presso la biblioteca del Conservatorio di Como
è possibile ascoltare i riversamenti di quelle prese sonore acustiche, che ci
restituiscono il fascino e il senso reale di un modo unico di interpretare per
lucidità e chiarezza.
Toscanini riserverà ancora a Como uno degli ultimi concerti
del rientro, nel fine settimana
precedente il doppio concerto programmato al Regio di Torino il 14 e 15 giugno 1921,
precisamente la sera di venerdì 10.
Il programma, neanche
a dire, sarà completamente diverso dai due precedenti, esteso e variegato come
sempre. Dopo la Sinfonia dal “Barbiere di Siviglia” rossiniano e la Settima di
Beethoven, Toscanini dirigerà due pagine amate, il Notturno e lo Scherzo dal
Sogno d’una notte d’estate di Mendelssohn, il poema sinfonico “Juventus” di un
Victor de Sabata ventinovenne, “Incantesimo del Venerdì Santo” dal
Parsifal di Wagner e la Marcia Ungherese dalla “Dannazione di Faust” di Berlioz.
La chiosa del recensore dell’Ordine inviterà a registrare “a
caratteri d’oro il successo strepitoso, indescrivibile” e il “magico potere
d’una semplice bacchetta che fa sprigionare un’onda divina di suoni a sollievo
degli animi assetati di poesia e di visioni di bellezza”.
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